Le tentate soluzioni che trasformano la difficoltà in problema

Nei precedenti articoli, ho parlato della differenza fra difficoltà e problema e di come distinguere l’una dall’altro. Oggi voglio darvi degli spunti in merito a quando le tentate soluzioni che ognuno di noi mette in atto, trasformano le difficoltà in problemi. Partiamo chiarendo che le tentate soluzioni non sono altro che i pensieri e/o le azioni che la persona mette in atto, secondo un suo schema ridondante e molto spesso inconscio, che determinano gli effetti di risoluzione della difficoltà.

Essendo uno schema automatico, la persona tende a riproporlo in vari contesti della sua vita, e la sua ripetizione dipende dal fatto che, in una specifica situazione, quel copione ha avuto successo.
Siamo vittime del nostro successo, non come si pensa comunemente dei nostri fallimenti. Ripetendo lo schema nei vari contesti, succede che magari una strategia di comportamento in famiglia può funzionare, oppure può essere risolutiva nelle relazioni più strette, ma magari nel contesto lavorativo non è efficace. Oppure funzionava in un determinato momento, e con alcune persone, ma non con altre e non in altri tempi.Analizzare e comprendere le dinamiche di tentate soluzioni vuol dire conoscere alla base qual è il nostro schema di reazione, per far si di anticipare la sua messa in atto e interrompere la sua evoluzione se non ha la sua funzionalità e se non è strategicamente utile.

Senza questo lavoro è inevitabile che la difficoltà, in uno o più contesti della vita della persona, è diventi un problema. Come disse Claude Bernard “qualunque sistema vivente resiste al cambiamento del proprio equilibrio" (principio dell’omeostasi) e quindi tende a rimanere nel suo  modus operandi anche se disfunzionale. Questo lavoro diventa assolutamente necessario quando più difficoltà nel tempo si sono trasformate in problemi e quando la persona o l’azienda, come macrocosmo che ospita micro organismi, si trova a gestire sempre le urgenze piuttosto che le dovute priorità.

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